:::Filippo Delmonte::: | Giornalista Sportivo
   
REDAZIONALI
 
 
10/02/2007
Giovani

Un male di Palermo? Il traffico! Diceva uno dei protagonisti del film Jonny Stecchino, di Benigni. E così questa ironica scenetta che voleva fare conoscere in modo simpatico l’omertà e il non voler dire la verità la possiamo applicare al motociclismo. Come scrive su Motolaggy l’amico e stimatissimo Max Regazzi tutti si lamentano, ma nessuno lancia la polemica pubblicamente oppure cerca il dialogo vero per risolvere o almeno mettere in piazza i problemi che animano il nostro sport.
Io personalmente in questo periodo mi arrabbio per non dire m’ inc… con i promotori degli eventi internazionali che decidono la lista dei piloti scelti per il motomondiale o la superbike, tralasciando alcuni aspetti fondamentali che di fatto mandano in pensione ragazzi giovani che hanno avuto solo una possibilità e non due che è il minimo sindacale per vedere se un pilota promette oppure no. Come si fa a dare solo una possibilità? Ditemelo voi!

Facciamo due esempi per vedere di parlare chiaramente e capirci.

Roberto Tamburini ha quindici anni. Un passato glorioso in mini moto dove ha vinto tutto quello che c’era da vincere e poi via verso la Spagna grazie a manager che hanno creduto nell’investimento e che lo hanno allevato nella splendida Penisola Iberica dove il ragazzo è cresciuto, ha dato gas e ha portato a casa risultati che di fatto hanno garantito e promesso un futuro da grande. Così viene schierato nel Motomondiale 2006 in sella all’Aprilia di Matteoni. Da qui la discesa. Un problema fisico lo frena. Roberto non sta bene e per metà stagione combatte con un’acne acuta che gli regala solo fastidi e non gli consente di poter correre in forma. Il suo primo anno di mondiale inizia solo nella seconda parte del 2006. Ma è tardi. I risultati latitano, gli stimoli calano e l’energia è spesa per curarsi. Morale: si accomodi fuori, arrivederci e grazie. Nessuno lo cerca, nessuno lo vuole.
Ma è possibile? A quindici anni già disoccupato. Nessuno è pronto a dargli una chance e chi lo segue non cava un ragno dal buco in una situazione€ delicata. E si che viene seguito da personaggi di spessore.
Da qui la domanda sorge spontanea, direbbe Lubrano, ma è possibile che un pilota non sappia più andare in moto? No diremmo con un pizzico di amor proprio e invece la risposta è si! Si perché in questo mondo si guarda il presente e non il palmares passato e soprattutto si pensa nel modo o la va o la spacca senza pensare che in età così giovane si possa fare il salto di qualità subito dopo, grazie a un minimo di esperienza e voglia di riscatto. Invece qui si vuole tutto e subito senza tenere nemmeno conto di fattori come il rapporto umano e l’educazione da dare ai giovani seguendoli e dandogli una seconda possibilità. In questo caso non è colpevole la Dorna che il posto al giovane romagnolo lo avrebbe garantito, bensì ai team che non hanno tempo per allevare i ragazzi. E allora perché li prendono? Semplicemente perché costano zero e se vanno bene allora tutti felici e contenti, altrimenti fuori uno arriva l’altro e così ci si ritrova con schieramenti di partenza, nelle categorie maggiori, non certo sull’onda della linea verde.

La Superbike

Sono uscite le liste delle quattro categorie e le sorprese riguardano la Stock 1000. Tanti piloti ma in mezzo a questi mancano alcuni debuttanti dello scorso anno che vengono rimpiazzati da nomi nuovi. Alla faccia della continuità. Piloti bravi e promettenti come Lunadei e Saltarelli, tanto per fare nomi non ci sono più. Il perché è presto detto: troppi italiani! Alla fine i due ragazzi dopo un solo anno di esperienza sono già fuori dai giochi come accade nella Gp e dunque per par condicio non è giusto! Dopo un anno di rodaggio vengono buttati fuori senza motivazioni, viste le buone prove, per fare posto ad altri che possono si vantare un palmares in altre categorie e manager di spessore, ma che certamente non agevola la politica sui giovani delle quattro tempi che hanno creduto fin da subito nella Superbike e non nel motomondiale. Inoltre come già detto a proposito del campionato concorrente bisogna dare due possibilità ai ragazzi e ai team che investono su di loro, altrimenti si vanno a creare squilibri sia per i ragazzi che per le squadre che da parte loro hanno bisogno di garanzie per ripagare gli investimenti fatti. Ma qui nasce anche un’altra discussione che riguarda appunto le compagini, le quali dovrebbero avere una loro associazione, come accade con L’Irta nel motomondiale, per vedere tutelati i propri interessi ma anche per aiutare maggiormente l’organizzatore con cui possono nascere sinergie importanti.

 
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